San Secondo, Cortazzone

La presenza della chiesa viene documentata nel 1300, epoca in cui il vicario del vescovo di Asti, su richiesta dei signori di Cortazzone, affida l’amministrazione e il rettorato di questa chiesa ad un sacerdote. A metà del 1300 essa fa parte del distretto della pieve di Montechiaro, dipendente a sua volta dalla cattedrale di Asti. Un documento del 1390, ora non più reperibile, informa della presenza in quell’epoca degli affreschi tuttora visibili nel catino absidale: il notaio che stende un atto in questa sede, infatti, fa riferimento ai santi Secondo e Brunone considerandoli testimoni poiché appaiono dipinti sulla parete.
Fino al 1600 la chiesa è parrocchiale, nonostante la notevole distanza dall’abitato, sviluppatosi già nel Trecento attorno al castello di Cortazzone; in seguito la parrocchia viene trasferita per comodità dei fedeli, ma la chiesa è sempre rimasta aperta al culto. Nel 1688 viene dotata di una campana per richiamare i fedeli.
Un’approfondita descrizione architettonica viene elaborata nel 1813 dall’erudito G. Secondo De Canis, che rileva il rifacimento della facciata, mentre in un periodo successivo la chiesa si trova in un cattivo stato di conservazione, tanto che il vescovo è costretto a intimare a chi di dovere di provvedere alle manutenzioni necessarie.
Nel 1880 la chiesa viene dichiarata Monumento nazionale di primo ordine.
Altri lavori di restauro sono stati eseguiti in epoche più recenti (fine Ottocento e metà Novecento).

La chiesa di San Secondo sorge sulla collina di Mongiglietto a circa un chilometro dall’abitato di Cortazzone. La si scorge al fondo di un vasto spiazzo erboso, inserita quasi con maestà nel paesaggio, al centro di una corona di verdi colline, orientata est-ovest. Mongiglietto, probabilmente dal latino Mons Iovis (Monte di Giove), come località di un preestistente tempio pagano; oppure Mons Iubili, monte della gioia; Mont-joie – mongioia, in francese antico, cumulo di pietre per indicare la via o a ricordo di fatti importanti.
A pianta basilicale a tre navate – terminanti ognuna con un’abside semicircolare – l’edificio è costruito con materiali di origine locale. La muratura è prevalentemente in blocchi di pietra faccia a vista, con l’inserimento di file di mattoni.


La costruzione nel corso dei secoli ha subito rimaneggiamenti che hanno modificato la struttura originaria: le volte a vela, infatti, di incerta realizzazione e attribuzione, quasi certamente hanno sostituito una copertura a capriate. Inoltre è possibile che la chiesa fosse completata da un campanile: lo fanno supporre alcuni elementi architettonici, anche se questa ipotesi non è supportata da riferimenti scritti.
Anche la facciata ha subito numerosi interventi: il rifacimento della parte superiore centrale realizzata in mattoni e la costruzione di un campaniletto a vela risalente al 1680 circa. (foto Davide Pescarolo)

Facciata. La muratura, in gran parte in blocchi di pietra, si innalza poi nella parte centrale con una muratura di mattoni, alla sommità della quale vi è un campaniletto a vela, costruito nel XVII secolo. L’ingresso si presenta con doppio arco di pietra, delimitato superiormente da una cornice orizzontale di conchiglie, che indicherebbe San Secondo come chiesa sulla via dei grandi pellegrinaggi. Il portone in noce è della metà dell’Ottocento.
Agili semicolonne dividono le parti laterali della facciata e proseguono, alternate a semipilastrini, per tutto il perimetro, dividendo l’edificio in campiture di diversa ampiezza.
Sui capitelli si impostano gli archetti che fanno da coronamento alla muratura. Sotto alcuni archetti si ammirano le prime sculture zoomorfe e antropomorfe.
La finestra con grata è stata aperta in epoca non databile.

Lato nord. È piuttosto disadorno, se si escludono gli archetti pensili del coronamento. Nella parte sopraelevata della navata centrale vi sono tre monofore; due sono chiuse dall’interno, con scarsi elementi decorativi.

Absidi. La zona absidale è ricca di elementi geometrici nel coronamento, soprattutto quello dell’abside centrale e dell’absidiola sud, con le alte fasce decorative e le sculture a foglie dei capitelli. Interessanti sculture anche nell’intradosso degli archetti: fra queste una figura umana nell’atto di aggrapparsi a uno di essi. Le absidi laterali hanno ognuna una monofora, mentre quella centrale ne ha tre; quella rivolta a est conserva parte della grata di chiusura originale in cotto. Nella parte inferiore tutte e tre le absidi hanno una fascia a ‘denti di lupo’ in cotto, che prosegue per un tratto sulla muratura della parete sud.

Lato sud. Questa fiancata è molto ricca di decorazioni scultoree, soprattutto nella parte alta della navata centrale con l’alta fascia a intrecci, fregi, fogliami e viticci ora interrotta ora ripresa; e poi figure, capitelli scolpiti, cordonature che coronano le tre belle monofore.
Nella parte bassa il coronamento a ‘damier’, ancora capitelli e archetti scolpiti a fogliami, una croce, testine umane, animali e l’aquila in cornice quadrata sopra un pilastrino.
A metà della fiancata si trova una porta dalla quale si accede all’interno, coeva del portone della facciata, anch’essa in noce, restaurata nel 1992. Sovrastano la porta una lunetta e un arco, a sua volta incorniciato da laterizi a ‘dente di sega’.
Due monofore e un oculo danno luce alla parte bassa dell’edificio. Nella terza campitura della parte alta, sopra gli archetti, una singolare scultura che potrebbe riferirsi ad una scena di accoppiamento e troverebbe spiegazione in tradizioni preistoriche locali oppure, insieme ad altri simboli di fertilità, in elementi propiziatori di abbondanza. (foto Davide Pescarolo)

L’austero interno a tre navate è diviso in cinque campate da colonne e pilastri alternati, con capitelli scolpiti, su cui si impostano gli archi.
Le tre absidi hanno volute a semicatino. In quella centrale, sottolineata da una cornice a ‘damier’, vi è un affresco del XIV secolo.
Per la sua datazione fa riferimento a un documento del 1390 che riporta i Santi Secondo e Brunone «…in quanto appaiono dipinti sulla parete». In realtà sicura è l’identificazione del San Secondo, mentre quello indicato come San Brunone è invece San Girolamo, dottore della Chiesa.
L’affresco è stato restaurato nel 1992 quando sono stati riportati in luce i trecenteschi colori.
I capitelli presentano una particolare decorazione scultorea. La simbologia dei soggetti non è di facile interpretazione, poiché i simboli potevano essere allusivi a vizi e virtù e volevano indurre il pellegrino a disporsi interiormente.
Esempi: la sirena è simbolo del fascino e dell’ambiguità della tentazione; il cerchio di perfezione e di eternità; la lepre, in negativo, si riferisce alla sensualità che porta ad un’estrema fecondità, mentre in positivo potrebbe alludere alla brevità della vita umana.

Iniziando la visita da destra, a fianco del portale, appoggiata al muro di fondo troviamo:
– semicolonna, il cui capitello presenta conchiglie scolpite intorno a un volatile increstato.
– pilastro con angoli smussati, il cui capitello è scolpito su tre lati. Al centro due volatili che beccano e sembrano avere una sola testa. A lato un grande fiore e, sul lato opposto, una croce.
– colonna, il cui capitello ha quattro sirene come figura d’angolo, che si sviluppa sui quattro lati, con braccia e coda ripartita, tese verso l’alto.
– pilastro con due semicolonnine e due pilastrini. Il capitello è completamente contornato da grandi petali, a volte interpretati come petali di crisantemo, simbolo dell’infinito.
– colonna, accanto ai gradini del presbiterio, il cui capitello è squadrato e senza sculture. Sopra la porta laterale un pavone in tondo.
– colonna, dall’altro lato della navata, con un capitello con conchiglie e volute decorative.

Continuando verso il portale:
– colonna con capitello con conchiglie e volute decorative.
– pilastro con esili colonnine in cotto che ne arrotondano gli angoli. Il capitello presenta, in apparente disordine, figure zoomorfe e antropomorfe.
Sul lato rivolto all’altare, la sirena con la coda ripartita ad arco, ha capelli, coda e pinna ben incise; ai lati della testa, due fiori. Sul lato opposto appare una specie di mostro a due teste, le zampe anteriori appoggiate su una testa umana, che sembra fare da capitello alla colonnina dell’angolo. Una testa si morde la coda e l’altra, crinita, volge verso l’angolo a formare la grande testa di un cavallo bardato, che incrocia la sua coda con quella di un cavallo gemello che volge la testa all’angolo opposto.
In basso una testa bovina che morde una zampa del cavallo. Sul quarto lato fiori e fogliami.
– colonna. Agli angoli del capitello, una sola testa per il corpo di due volatili, che si sviluppano sulle facciate a code incrociate. Sopra la testa degli uccelli figure antropomorfe e a lato di una di queste, una mano destra.
– pilastro dagli angoli smussati. Su due lati del capitello, una grossa lepre (o coniglio), due pesci in un altro lato, un fiore e rami di palma sul quarto lato.
– semicolonna appoggiata al muro di fondo, a lato del portale, il cui capitello è scolpito con conchiglie e volute decorative.
– semicolonnina situata in passato nella seconda arcata di sinistra, accanto a un bancone in pietra poi rimosso. Probabilmente il bancone era usato dai pellegrini per il riposo e la colonnina per appoggiarvi la lanterna.
In corrispondenza della seconda arcata, esternamente al perimetro, durante i lavori di restauro eseguiti a fine Ottocento, vengono alla luce delle fondazioni a tracciato rettangolare. Si ipotizza l’esistenza di un campanile. All’interno, la diversa muratura della parete e l’arco in blocchi di pietra che la sovrasta, rendono ancora più evidente la presenza di un’apertura verso una costruzione, che poteva anche essere la cella del monaco che aveva la cura della chiesa.
La tradizione orale locale fa riferimento a un piccolo portico dove i pellegrini sostavano all’aperto nel viaggio verso Roma. (foto Davide Pescarolo)

Bibliografia
Le chiese romaniche delle campagne astigiane, a cura di Liliana Pittarello. Torino 1998.
Giovanna Gandolfo Fex, San Secondo in Cortazzone. Torino 2001.