La chiesa è dedicata alla Vergine Maria, al cui culto pare fossero particolarmente dedite le canoniche riformate di Sant’Agostino e ricchissima è l’iconografia mariana conservata nell’interno del complesso. La facciata è a salienti con tre ordini di logge cieche adornate da sculture disposte in schema gerarchico: al centro si apre un’ampia bifora con la statua del Cristo benedicente tra gli arcangeli Raffaele e Michele, nel terzo ordine due serafini su ruote sono sovrastati dal busto di Dio Padre benedicente, posto nella sommità del timpano.
Nel portale d’ingresso, con arco a sesto leggermente rialzato e strombatura cordonata, è collocata una lunetta scolpita (Vergine assisa in trono con lo Spirito Santo che le parla all’orecchio destro).
Pianta della chiesa
Chiesa d’impianto basilicale, orientata, con aula a due navate e due absidi semicircolari: la terza navata (laterale destra) è in parte inglobata nel chiostro quadrangolare addossato al lato sud della chiesa. Un massiccio campanile della base quadrata insiste sulla navatella nord. Nell’interno, la navata centrale è scandita in tre campate coperte da volte a crociera costolonata, a ciascuna delle quali corrispondono nella navata laterale – con sistema alterno – due campate minori con volte a crociera. I pavimenti sono di cotto e in cocciopesto.
L’interno è arricchito da decorazioni scultoree policrome: il pontile e la monofora absidale centrale con l’Annunciazione della Vergine. L’altare ha un retable in terracotta policroma (Vergine in trono tra Carlo VIII e Sant’Agostino).
Nel chiostro i quattro lati risalgono a periodi diversi (XII-XIII-XV e successivi), il più antico quello a ovest con tozze colonne bicrome alternate ad esili colonnine in arenaria che sorreggono archetti a sesto leggermente acuto: il braccio nord, ricavato dalla navata sud della chiesa, è scandito in cinque campate con volte a crociera con sottili cordolature tinte di rosso, con arcate divise in due da slanciate colonne in pietra, e vi è conservato un importante ciclo di affreschi (XII-XVI secolo). Diversi locali si affacciano sul chiostro, ma le modifiche subite nel tempo rendono difficile l’individuazione delle originarie destinazioni d’uso, fatta salva la sala capitolare: a pianta quadrangolare, è supposta far parte del primitivo assetto del complesso ed è terminata da una piccola abside (ricostruita negli anni cinquanta del Novecento).
Il Pontile
Il pontile (o jubè, francesismo desunto dall’invito “jube Domine benedicere” rivolto dal predicatore ai fedeli), rara struttura che attraversa la chiesa all’altezza della prima campata, è realizzato in arenaria grigia del Monferrato dipinta, ed è costituito da una serie di cinque campate di archi a sesto acuto retti da colonnine in pietra con capitelli fogliati (a crochet): un doppio registro di bassorilievi policromi raffigurano le scene della Dormitio, Ascesa al cielo ed Incoronazione della Vergine tra i simboli del Tetramorfo (parte superiore) e dalla serie degli antenati della Vergine assisi e recanti in mano un cartiglio con il proprio nome.
La circostanza che dei 40 antenati nel bassorilievo ne vengano rappresentati solo 35, essendo gli altri cinque raffigurati ad affresco sulle colonne che delimitano il pontile, ed altre osservazioni sulla geometria dell’architettura, avvalorano l’ipotesi che tale struttura fosse adattata ad un nuovo posizionamento, riducendo bruscamente l’estensione del fregio scolpito. Rimane da sciogliere il nodo della data, 1189, riportata nell’iscrizione dedicatoria (Anno ab incarnatione Domini MCLXXXVIIII regnante Frederico imperatore, completum est opus istud sub preposito Vidone) troppo anticipata se riferita ai caratteri stilistici delle sculture e dell’architettura del pontile stesso, che la critica artistica pone non più indietro del 1230. L’eccezionalità del valore artistico di questa opera – cui contribuisce anche la preziosità delle coloriture, con l’uso del costoso lapislazzuli proveniente dalle montagne del Caucaso (per il manto della Vergine e del Cristo) – induce a supporre un committente di grande autorevolezza (forse l’imperatore Federico Barbarossa). La verifica della originalità delle coloriture, mai ridipinte, che il restauro del 2003 ha messo in luce rimovendo lo strato di sporco che le appannavano, indica questa opera come un rarissimo esempio di scultura policroma medievale.
Il Chiostro
Gli affreschi del chiostro, pur se lacunosi, costituiscono un cospicuo corpus nell’ambito della cultura pittorica medievale del Piemonte, in un periodo all’incirca circoscritto tra il 1240-50 (terza e quarta campata), al 1354, anni in cui fu eseguita nella seconda campata (sepolcreto dei Rivalba) l’Adorazione dei Magi, opera del così nominato Maestro di Montiglio, per la riconosciuta identità di mano con la cappella di Sant’Andrea presso il castello di Montiglio; nella stessa parete, nel registro inferiore, una raffigurazione del Contrasto dei tre vivi e dei tre morti.
Tale particolare scena, nella quale un monaco indica a tre atterriti cavalieri tre scheletri e una chiesa, nel passato si volle intendere come racconto di una supposta partecipazione alla costruzione della chiesa da parte di Carlo Magno che, colto da malore durante una caccia intorno nei boschi intorno a Vezzolano, aveva fatto voto alla Madonna di erigere in quel sito una chiesa. Ciò trattasi di pura leggenda, mentre tale rappresentazione, che compare assai mutila anche nella cappella dei Radicati, è da far rientrare nel clima cavalleresco che in epoca federiciana faceva convergere nell’ars venandi le qualità del signore: la presenza dei tre scheletri si pone come un monito religioso da contrapporsi alla laicità del viver gentile.